L'Europa, particolarmente penalizzata a livello economico nel 2019 per la struttura del suo tessuto produttivo, potrebbe giovarsi dalla ripresa del manifatturiero, favorita dall'allentamento delle condizioni finanziarie e delle tensioni commerciali, e vedere così i suoi listini azionari recuperare rispetto a quelli delle altre economie sviluppate in un contesto di tendenziale risalita dei tassi a lungo e di una curva un po' più ripida». Emilio Franco, Amministratore Delegato di Mediobanca SGR, ha una view positiva sul Vecchio Continente e consiglia di privilegiare i settori ciclici e i finanziari. Ma non solo. Franco pone l'accento anche sull'eccessiva divergenza di valutazioni tra investimenti growth (ad alta crescita) e value (titoli più difensivi), con questi ultimi che «potrebbero recuperare terreno, andando a colmare almeno parzialmente il gap valutativo. Inoltre, i titoli a minor capitalizzazione costituiscono un'alternativa per esporsi all'allungamento del ciclo economico». Certo, la recente escalation delle tensioni tra Usa e Iran potrebbe creare più di qualche grattacapo. Ma, almeno a giudicare dalle prime reazioni, i mercati per ora sembrano tutt'altro che preoccupati. «Il termometro del rischio medio-orientale sarà il prezzo del petrolio — sottolinea Franco —. La nascente ripresa potrebbe essere minacciata da una permanente risalita del greggio di una decina dollari dai livelli attuali. Scenario, al momento, improbabile, a meno di nuovi attentati agli impianti produttivi in Arabia». Le politiche A supporto di un quadro che rimane tutto sommato positivo c'è anche la politica monetaria, che continuerà a essere accomodante. E non solo in Europa. «Dopo la diffusione di un ciclo di Quantitative Easing a livello mondiale, gli operatori stimano che nei prossimi trimestri le banche centrali lasceranno la situazione invariata — argomenta Kevin Thozet, membro del comitato investimenti di Carmignac —. Una crescita bassa, potenzialmente ai minimi storici, accompagnata da una bassa inflazione in un contesto di bassi tassi d'interesse, dovrebbe essere favorevole alla propensione al rischio in tutte le asset class». In particolare, con riferimento al mercato azionario, Thozet ritiene che il rally in atto da metà agosto possa proseguire anche nel 2020: «I mercati sono pronti a incorporare nelle valutazioni un outlook brillante, ma non bisogna farsi trascinare dall'entusiasmo attuale.

Le borse continuano a dipendere dalla politica monetaria delle banche centrali, con la Fed che per il momento sta iniettando molta liquidità per ridurre le tensioni sui mercati dei prestiti a breve termine, anche se potrebbe decidere di ridurre questa leva con la stessa rapidità con cui l'ha attivata— sottolinea—. Inoltre, anche il sentiment iniziale legato al calo delle probabilità che si presenti un rischio di coda potrebbe svanire, visto il persistere della volatilità legata a fattori politici e commercial >. Insomma, per buona parte del prossimo anno è possibile che i mercati continuino nel trend rialzista, anche se non mancheranno fasi di aumento della volatilità.

Una visione condivisa da Roberto Bartolomei, a capo del Theam Quant Fund Sales per Bnp Paribas Global Markets: «non è un caso che molti dei nostri clienti stanno privilegiando strategie di tipo direzionale per cercare di catturare l'ultima parte del ciclo. E poi, ci sono risparmiatori che per beneficiare del trend rialzista, guardano a strategie più difensive che, utilizzando strumenti come le opzioni, riescono ad abbassare il rischio di potenziali perdite del 50% circa». Copertura D'altronde i rischi on mancano. «Oltre a quelli di natura geopolitica, bisogna considerare anche il possibile ritorno dell'inflazione, che oggi appare sottostimato — puntualizza Franco —. Una forma di copertura potrebbe essere ricercata nei titoli legati all'inflazione oppure nelle materie prime, e più in particolare nell'oro». 0 ancora, per proteggersi ulteriormente, si potrebbe puntare sulla dispersione del mercato azionario americano, «attraverso strategie che offrono una correlazione negativa con l'S&P500 — argomenta ancora Bartolomei —. E una strategia abbastanza comune tra gli istituzionali, che la utilizzano come zoccolo duro del portafoglio». Articolo a cura di Gabriele Petrucciani, L'Economia de Il Corriere della Sera, 13 gennaio 2020