Borse, investire sulla ripresa del Dragone

Un quinto del portafoglio azionario andrebbe riservato alla Cina, l'unica potenza che chiuderà il 2020 in crescita (+2%)

La Cina sarà l'unica economia tra le 20 più industrializzate a chiudere il 2020 con il Pil in espansione, più 2%, stima il Fondo monetario internazionale. Un dato che la porterà da sola a contribuire per quasi un terzo alla crescita globale. Non è un caso se le Borse di Shanghai e Shenzhen, rappresentate dall'indice CSI 300, hanno reso il 20% da inizio anno, il doppio della pur brillante Wall Street, mentre l'Europa resta inchiodata a -896. «La performance della Cina è stata straordinaria, sia nella capacità di contenere il contagio che nella conseguente tenuta dell'economia. Nel quarto trimestre ci aspettiamo una crescita annualizzata del 15%. Tutti gli indicatori segnalano un consolidamento della ripresa, dai voli interni ai ristoranti. E si tratta di una traiettoria sostenibile. Il PIL aumenterà dell'8-9% in termini reali nel 2021, per poi scendere al 5-6%», dice Emilio Franco, AD di Mediobanca SGR. Per altro, sottolinea Franco, questo risultato è stato ottenuto attraverso uno sforzo espansivo molto ben calibrato, fatto di interventi selettivi e relativamente modesti, sia rispetto a quelli messi in campo da Europa e Stati Uniti, che in relazione alla crisi del 2008, quando i massicci interventi di Pechino finirono per alimentare un eccesso di leva finanziaria.

La stima

Ora la Cina sembra in grado di allungare lo scatto, aumentando il distacco che la separa da Europa e Stati Uniti nell'uscita dalla crisi. «Per chi investe in asset finanziari, la presenza della Cina in portafoglio mi pare imprescindibile oggi», osserva Giuliano Noci, prorettore del polo territoriale cinese del Politecnico di Milano e docente alla School of management del Polimi. «Nonostante l'ottimo risultato conseguito nel 2020, il mercato cinese non è caro. Le prospettive di crescita degli utili sono incoraggianti, nell'ordine del 1796 e anche oltre. Inoltre gli asset in valuta cinese beneficiano del supporto della divisa locale: negli ultimi anni il renminbi ha dimostrato una straordinaria stabilità, con una tendenza a un moderato apprezzamento, che pare destinata a protrarsi», osserva Franco, convinto che il mercato cinese un quinto della componente azionaria», precisa, in sovrappeso rispetto ai panieri di riferimento. A giustificarlo è anche la traiettoria di crescita futura, che affonda le proprie radici nelle tendenze strutturali di aumento dei consumi e trova nuova linfa nel Piano quinquennale 2021-2025, appena annunciato dal Comitato centrale del Partito comunista. «Sono tre i punti salienti: la Cina ha consacrato il tema dell'innovazione come priorità assoluta del Paese: vuole diventare un soggetto autonomo e autosufficiente dal punto di vista tecnologico. Secondo, rinuncia a un obiettivo di crescita quantitativa, in favore di un paradigma qualitativo, che stimola il ruolo della domanda interna. Terzo — sintetizza Noci — vuole rappresentare un'opportunità di mercato per i capitali stranieri e attrarre nuovi investimenti». In definitiva, il documento che detta le coordinate di crescita per il prossimo lustro «somiglia a un piano industriale», argomenta Franco. I temi favoriti, anche in ottica d'investimento, sono «i consumi interni, la new economy, la tendenza che porta i cinesi a spendere di più perla salute, i viaggi, la cultura l'educazione. Senza dimenticare la transizione energetica». Rimane però il nodo delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti. Anche dopo l'arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca, il confronto tra le due superpotenze rimarrà ruvido, nella sostanza, benché verosimilmnte più morbido nella forma. Tuttavia «la Regional economic comprehensive zone, l'accordo commerciale firmato 15 novembre dalla Cina con altri 14 paesi asiatici, rende l'economia di Pechino più forte — chiosa Noci, — perché la protegge dalle conseguenze di ulteriori tensioni». Non bisogna dimenticare però gli altri rischi. Tra tutti, «la bolla speculativa del settore immobiliare, che va monitorata con attenzione — avverte Noci — e la profonda riforma necessaria nel sistema di welfare: una delle leve chiave per favorire l'aumento della propensione al consumo». 

Articolo di Pieremilio Gadda, L'Economia del Corriere della Sera, 23 novembre 2020